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Oltremare, c’è ancora molta strada da fare

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L’Italia gioca un ruolo ancora marginale nel commercio oltremare di prodotti ortofrutticoli. Basta infatti analizzare i dati FAOSTAT per rendere evidente una scarsa attenzione strategica del sistema Italia verso le esportazioni di ortofrutta via mare. Forte del suo ruolo storico sul continente europeo e di un mercato nazionale tra i più forti al mondo come consumo procapite, gli esportatori italiani guardano alle spedizioni extracontinentali come un canale di vendita secondario e spesso residuale.

L’analisi si concentra su quattro prodotti: mele, kiwi, uva e susine, che sono gli unici quantitativamente significativi.

In Sud America, in media solo il Brasile con circa 1300 container importa un quantitativo significativo: gli altri paesi (Colombia, Argentina, Ecuador) si assestano tra 100 e 200 container l’anno. In questa area dominano mele e kiwi, con quantitativi minori di uva e susine. Il Brasile è uno dei mercati principali per il kiwi italiano e il trend quantitativo è stabile nel quinquennio 2015-2019. In Uruguay l’Italia ha una quota di mercato superiore al 20% e in aumento.

In America Centrale le quantità sono ridotte, con Costa Rica, Panama e Honduras tra 20 e 40 container l’anno, di cui la maggioranza è rappresentata dalla mele.

In Asia domina l’India come mercato di destinazione della frutta italiana (mediamente 1190 container importati annualmente dall’Italia nel periodo 2015-2019 per il 90% mele), seguita da Cina (solo kiwi per una media di 450 container l’anno). Taiwan e Hongk Kong si inseriscono nella fascia media (tra 100 e 200 container l’anno) assieme a Kazakcstan (che importa dall’Italia principalmente kiwi), Malesia e Singapore. In nessuno di questi mercati asiatici l’Italia detiene una posizione significativa, con quote di mercato sempre inferiori al 20%.

Il Medio Oriente rappresenta una destinazione importante per le esportazioni italiane, con tre paesi che importano mediamente oltre 1000 container l’anno: Arabia Saudita (3180 container di cui 84% mele), Emirati Arabi Uniti (1026 container di cui 66% mele) e Giordania (1148 container, di cui il 93% mele). Altri mercati che importano oltre 100 container l’anno sono nell’ordine Qatar (222 container nel periodo 2015-19), Cipro (178) e Bahrain (126). Solo in Libano e Arabia Saudita e per le mele l’Italia ha una quota di mercato superiore al 20% e in aumento.

Stati Uniti e Canada sono mercati tradizionali per il kiwi italiano (1647 container), che rappresenta l’83% delle esportazioni ortofrutticole italiane verso il Nord America; seguono mele (solo per il Canada), uva e susine.

Il Nord Africa rappresenta la principale destinazione dell’ortofrutta esportata dall’Italia verso i mercati oltremare: domina l’Egitto con 4389 container (di cui il 92% di mele e il resto kiwi e susine), seguito da Algeria (888 container)  Libia (estremamente ridimensionata dal 2015) e Marocco.

Il resto dell’Africa è una destinazione poco battuta dalle esportazioni italiane: il mercato principale è il Senegal (con 72 container, di cui 65 di mele), a cui seguono Sud Africa (38 container di kiwi, l’unico prodotto ammesso), Costa d’Avorio (36) e Nigeria (33).

In Oceania nel quinquennio 2015-2019 sono stati importati 361 container di kiwi italiano l’anno, di cui 317 in Australia e il resto in Nuova Zelanda.

Se si analizza l’andamento dei flussi, non sfugge un’estrema variabilità annuale, che denota una scarsa focalizzazione su questi mercati che vengono spesso visti come interessanti solo in caso di surplus di merce che non possa essere destinato sui mercati continentali. Solo su pochi mercati le quantità sono sufficientemente stabili da denotare un focus strategico.

In conclusione l’ortofrutta italiana, nonostante le buone intenzioni spesso espresse, detiene una scarsa presenza sui mercati globali, che vengono considerati dagli esportatori come destinazioni non strategiche ma il cui interesse varia di anno in anno a seconda dell’andamento dei mercati europei. Questa mancanza di focus di medio-lungo termine è un fattore di debolezza e non facilita l’interesse dei mercati nei confronti delle produzioni frutticole italiane.

Foto di Martin Damboldt da Pexels

 

 

 

 

 

 

 

· 16 marzo 2022